martedì 17 novembre 2009

Infezione batterica

Domanda: Conosco quasi tutti i ginecologi della mia città perchè la mia infiammazione vaginale da Candida sembra irresolvibile. Ho provato tutte le cure immaginabili: creme , candelette, yogurt, compresse per bocca, irrigazioni. Per darle un'idea della mia disperazione sono andata anche da un mago! Le accludo gli esami che ho eseguito e che talvolta dimostrano la presenza di Candida e talvolta no, anche se i miei disturbi sono costanti. Ho qualche speranza di guarire?

Risposta: Le cure sono risolutive solo quando viene identificata con precisione la causa del disturbo. Nel suo caso credo che l'origine del problema non sia la Candida, ma un'infezione batterica che non è stata presa in considerazione e quindi non è stata indagata con accuratezza.

Tenga presente che circa il 70% delle diagnosi di infezione da Candida viene fatto solo sul riscontro clinico di vaginite e di perdite biancastre, senza che l'esame diretto al microscopio od il tampone inviato al laboratorio confermino la presenza di questo fungo.Questo comporta un'eccessiva imprecisione diagnostica.

Deve anche considerare che la presenza di Candida in vagina non esclude che l'infiammazione possa derivare da altre cause concomitanti ed infine che alcune cure per la vaginite possono favorire la comparsa, opportunistica, di Candida.

Cosa fare in una situazione così complessa?
Primo, sospendere ogni cura per almeno due settimane ed eseguire la ricerca di cause batteriche o virali della vaginite.

Secondo, non iniziare mai alcuna terapia per Candida senza avere prima confermato la sua presenza con un tampone colturale.

Terzo, controllare che il marito non abbia infezioni genitali.

Quarto, se si conferma la presenza di Candida utilizzare solo prodotti per bocca e sospendere il trattamento solo quando si ha la conferma dal laboratorio che il fungo è scomparso.

Questo protocollo di trattamento così dettagliato ed aggressivo dovrebbe avere finalmente ragione del suo problema e restituirle in pochi mesi il suo benessere vaginale. Non può condurre questo programma da sola ed è bene che scelga un singolo specialista a cui affidare questo piano di cura in modo che abbia confidenza con il suo problema e la sostenga, anche emotivamente, lungo la strada per la guarigione.

Infezione da Candida

Domanda: Dopo una prolungata cura con antibiotici ho iniziato a soffrire di una vaginite da Candida che sembra non volersene più andare. Ho cambiato tre ginecologi, ma le cure che mi hanno prescritto mi sembrano sempre le stesse ed i risultati sono praticamente nulli. I sintomi si riducono durante la cura, ma dopo qualche giorno sono di nuovo nei pasticci con prurito persistente e perdite vaginali. Cosa devo fare?

Risposta: La Candida è un fungo che crea colonie bianche e predilige i genitali femminili perchè necessita di zuccheri e le cellule vaginali ne sono particolarmente ricche.

La naturale protezione contro la Candida è la presenza di batteri vaginali che utilizzano lo zucchero, formano acido lattico e creano un ambiente acido sgradito ai funghi. Una seconda difesa è la flora batterica vaginale che con la sua presenza impedisce alla Candida di impiantarsi e crescere. La cura antibiotica ha eliminato queste linee difensive permettendo al fungo di stabilirsi in modo prepotente.

In questi casi è necessario che le cure siano prolungate perchè i batteri ricostituiscano le loro colonie vaginali e perché la Candida cresce formando sia filamenti che spore e queste ultime non sono sensibili ai farmaci fino a quando non germinano ed iniziano a produrre filamenti.

Conoscendo queste informazioni biologiche può modificare i suoi cicli di cura fino alla guarigione.

Incontinenza urinaria

Domanda: Sono sempre stata una spilungona, la più alta nella classe e la migliore nella squadra di pallacanestro. A dire il vero ho fatto anche un pò di fatica a trovare un marito che non sembrasse un nanerottolo al mio fianco. Siamo felicemente sposati da cinque anni ed abbiamo due bei bambini che sono nati senza difficoltà con dei travagli e dei parti abbastanza agevoli. Nella seconda gravidanza, però, avevo iniziato a perdere un pò di pipì quando prendevo in braccio il mio primo bambino. Poi il problema è peggiorato dopo il parto ed adesso mi crea grande imbarazzo, perché, se saltello o se ho uno scoppio di risa o starnutisco, sento l'urina correre lungo il condotto che la porta all'esterno e bagnare le mutandine. Com'è possibile che, così giovane, debba soffrire di questo problema? C'è qualche farmaco che mi può aiutare?

Risposta: Il disturbo di cui Lei soffre si chiama incontinenza urinaria da sforzo ed una volta tanto il termine medico rende facile capire la meccanica del disturbo ovvero che l'aumento della pressione addominale, che si accompagna allo sforzo della parete muscolare, comporta uno svuotamento vescicale che non può essere trattenuto.

Questo disturbo è rarissimo nelle donne che non hanno partorito, perché la gravidanza ed il parto sono gli eventi determinanti che comprimono la vescica fino a lesionare i legamenti che la mantengono in una posizione angolata rispetto al decorso dell'uretra (il condotto che porta l'urina dalla vescica all'esterno).

Questa angolatura impedisce che, sotto pressione, il getto di urina possa imboccare direttamente l'uretra e raggiungere l'esterno. Quando i legamenti vescicali vengono danneggiati, la vescica scivola in basso venendo così a trovarsi proprio di fronte all'apertura uretrale. L'aumento della pressione addominale si trasmette anche alla vescica e non rimane quindi alcun ostacolo ad impegnare il canale uretrale, anche se la paziente cerca di frenare il getto di urina. Questo è il meccanismo che genera il problema urinario.

Lei si chiede perchè questo è avvenuto e, amio avviso, questo è dovuto alla sua struttura corporea. Le donne molto alte e molto sottili hanno spesso una maggior lassità dei sistemi legamentosi che interessano tutti gli organi addominali e, se a questo si accompagna anche una struttura esile e delicata, possono lesionare facilmente la vescica anche durante gravidanze e parti senza problemi.

Nelle donne con normale struttura corporea, i danni vescicali si osservano soprattutto dopo parti difficili, oppure se i bambini sono piuttosto grossi o se il parto richiede l'intervento attivo (ripetute pressioni sull'addome, ventosa ostetrica) del ginecologo per permettere la nascita del bambino.

Nel suo caso è tardi per fare queste considerazioni, ci consola però il fatto che lei abbia un bel ricordo del travaglio e del parto. Purtroppo non vi sono farmaci per correggere il problema, ma solo un intervento di sospensione (tecnicamente si chiama cisto-uretro-pessi) per riposizionare la vescica nella corretta posizione angolata rispetto al decorso dell'uretra.

Alla sua età l'intervento è quasi sempre coronato da successo e può quindi affidarsi con tranquillità ad un ginecologo che abbia confidenza con questo tipo di intervento per effettuare al più presto la correzione chirurgica.

Se invece desiderasse ancora una gravidanza, le consiglio di pensare prima al terzo bambino e di sottoporsi poi all'intervento chirurgico perchè la gravidanza potrebbe nuovamente danneggiare i punti di sospensione vescicale e comportare ancora il ritorno dell'incontinenza.

Asportazione dell'utero

Domanda: Ho quarantotto anni e dai trentacinque in poi ho lottato con persistenti problemi ginecologici dovuti ad un utero particolarmente propenso a formare fibromi (miomi). Dopo due interventi di miomectomia e tante alte cure mediche, il mio ginecologo suggerisce di eliminare definitivamente l'utero, ma io vorrei attendere la menopausa per vedere se il problema si risolve spontaneamente. Nel frattempo ho però flussi mestruali emorragici, un continuo senso di peso addominale e devo assumere ciclicamente delle cure di ferro per combattere l'anemia. Mi spiace rinunciare al mio utero, non vi sono altre soluzioni al mio problema?

Risposta: L'utero è formato da due parti: il corpo al cui interno vi è la cavità in cui si sviluppa la gravidanza ed il collo (cervice) attraversato da un canale che permette le mestruazioni, la fertilizzazione ed il parto.

I fibromi si formano quasi esclusivamente nel corpo uterino, sono delle formazioni benigne e sono un problema frequente nelle donne a partire dal trentacinquesimo anno di età. Quando danno problemi (dolori, emorragie), è possibile rimuoverli chirurgicamente con un intervento che asporta i fibromi e ricostruisce il corpo uterino.

Negli anni successivi alla miomectomia, in un caso su due i fibromi si riformano e questo porta al consiglio di asportare tutto l'utero per una definitiva soluzione del problema.

Questi sono gli aspetti tecnici, ma una buona decisione medica deve tenere conto anche degli aspetti psicologici ed emotivi. Nel suo caso il peso addominale che lamenta indica che i fibromi devono essere piuttosto grandi ed è quindi improbabile che la menopausa possa ristabilire un completo benessere ginecologico e, nel frattempo, persiste il problema emorragico mestruale.

Una soluzione del suo problema potrebbe essere l'asportazione del corpo uterino, senza toccare il collo dell'utero e le ovaie. Questo intervento risolverebbe sia il senso di ingombro addominale che quello dei flussi emorragici, rispetterebbe il suo desiderio di conservare il suo utero nella sua parte sana.

Dopo questo intervento una donna su dieci ha ancora scarsissime perdite mestruali periodiche e tutte devono mantenere il controllo annuale del Pap test, per salvaguardare la salute del collo dell'utero.

Nel caso di una completa asportazione dell'utero, in nessun caso si hanno ancora mestruazioni e non è più necessario eseguire il Pap test periodico.

Fibromi

Domanda: Ho quarant'anni e godo buona salute, ma qualche disturbo digestivo ha indotto il mio medico di base a richiedere un'ecografia addominale che, con mia sorpresa perché non ho alcun problema ginecologico, ha identificato due fibromi uterini di tre e cinque centimetri di diametro. Uno specialista mi ha consigliato di asportare i fibromi, uno di togliere anche l'utero ed un terzo di non fare assolutamente nulla. Non so veramente cosa decidere.

Risposta: I fibromi uterini sono, salvo rarissimi casi, delle formazioni del tutto benigne con lento accrescimento. Ripeta un controllo ecografico fra sei mesi e se le dimensioni fossero invariate, rimandi qualsiasi decisione chirurgica.

I fibromi possono indurre mestruazioni emorragiche o dolori pelvici, ma lei non presenta questi sintomi e quindi è poco vantaggioso procedere ad un intervento chirurgico (miomectomia). L'intervento, inoltre, non risolve definitivamente il problema perché gli uteri che soffrono di miomi tendono frequentemente a riformarne altri.

Sotto il profilo strategico, conviene quindi differire la scelta chirurgica scegliendo nel caso di rimuovere anche l'utero, qualora i fibromi tendessero a moltiplicarsi o a crescere eccessivamente generando dolore o eccessivo sanguinamento mestruale.

Sarei quindi in pieno accordo con il collega che le ha consigliato, per il momento, di non fare assolutamente nulla. Non si faccia tentare dalle possibilità di terapie mediche dei fibromi, sono del tutto inefficaci.

Cisti ovariche

Domanda: Vorrei tanto trovare due ginecologi che abbiano la stessa opinione… Ho 55 anni, la menopausa è arrivata a cinquant'anni esatti, e da due anni l'ovaio destro ha formato una cisti di tre centimetri. Il contenuto è liquido e le pareti sono regolari, senza setti che dividano la cisti al suo interno. In due anni non è cresciuta di dimensioni ed i prelievi di sangue non indicano un aumento della concentrazione dei marker tumorali. Il mio ginecologo dice di tenere la cisti sotto controllo ecografico semestrale e di stare tranquilla. Quello della mia amica suggerisce, per sicurezza, di togliere l'ovaio destro. Un terzo ginecologo mi ha detto di togliere, per non correre rischi, entrambe le ovaie lasciando a me la decisione se togliere anche l'utero dato che assumo una terapia sostitutiva ormonale, che comporta un aumento del rischio di tumore dell'utero. Risultato: non so cosa più cosa fare e sono dibattuta fra il timore dell'intervento e quello di lasciare in sede una cisti pericolosa.

Risposta: Questa cisti è molto probabilmente del tutto innocua, però rimane la possibilità che possa nascondere cellule che andranno incontro ad una trasformazione tumorale. Lei non sta cercando due ginecologi che siano in accordo sul da farsi, solo un ginecologo che le dica cosa fare e si assuma le responsabilità delle indicazioni che ha dato. Se consiglierà ecografia ripetute si potrà sempre dire che lo fa per moltiplicare le sue parcelle. Se la opera potrà essere giudicato troppo interventista per aver rimosso una cisti del tutto benigna. Se eliminerà entrambe le ovaie insieme con l'utero, passerà per un chirurgo demodè. Se vuole mia opinione sul da farsi è molto semplice: rimuova entrambe le ovaie e viva tranquilla. L'intervento è abbastanza semplice è in uno o due giorni potrà tornare a casa, lasciando ad altri il suo problema. Come vede, invecchio dopo tanti anni con Starbene, e tendo a preoccuparmi anche per cisti che, benigne per tutti i caratteri, possono talvolta nascondere brutte sorprese.

Alternative non farmacologiche

Domanda: Ho 50 anni e due mesi fa sono stata operata di isterectomia e data l'età sono state asportate anche le ovaie, pur del tutto sane. Ora mi dovrei sottoporre alla terapia ormonale sostitutiva, però sono molto dubbiosa. E' veramente necessaria? Può davvero provocare il cancro al seno? Il mio ginecologo non è stato molto chiaro ed esauriente ed il mio medio di base dice che devo scegliere io

Risposta: Più della metà delle donne che iniziano la terapia ormonale sostitutiva in menopausa, interrompe il trattamento nei sei mesi successivi. La sospensione del trattamento non è dovuta ad effetti collaterali indesiderati, né ad assenza di beneficio (la maggior parte delle donne sta meglio quando prende gli ormoni) ma unicamente ad una resistenza psicologica a trattare come una malattia una fase della vita ritenuta del tutto normale. A questa condizione emotiva si aggiunge la responsabilità personale di accettare un minimo rischio di favorire la crescita di tumori ormono-dipendenti contro il beneficio incerto di minor possibilità di malattie cardiovascolari e di fratture. Deve sapere che la terapia ormonale sostitutiva garantisce i suoi benefici solo quando viene assunta per parecchi anni e mi sembra che questa possibilità sia, nel suo caso, minima. Le sue perplessità ed i suoi dubbi sono molto più solidi delle motivazioni ad iniziare il trattamento. Credo quindi che una scelta più naturale di buon esercizio fisico, niente fumo di sigaretta ed una dieta ricca di calcio possano proteggere la sua menopausa in modo continuativo e senza difficoltà emotive. Quindi darei grande attenzione al problema psicologico e sceglierei un intervento salutista che si prolunga nel tempo anziché quello farmacologico di provata efficacia che avrebbe, nel suo caso, ben breve durata.